Natale nella tradizione regionale italiana

È a tavola e in famiglia che le tradizioni natalizie resistono meglio. Qualche assaggio della tradizione del Natale in cucina

Abruzzo: cena di magro come in molte altre regioni. Si comincia di solito con le linguine alle vongole in bianco, poi parmigiana di cardi e fritto. E ancora l’immancabile capitone allo spiedo o in umido e legumi. A pranzo trionfa il cardone in brodo (chiamato non a caso zuppa imperiale), cardi tagliati a pezzettini, polpettine di carne , quadratini di frittata al prezzemolo. Chi se la sente continua con agnello o tacchino, mentre si finisce con i dolci fra i quali spiccano le mandorle caramellate e i fichi secchi ripieni di noci.

Basilicata: notte di Natale impegnativa con almeno 13 pietanze. Un numero che si trova anche in altre tradizioni. E non si fa a meno della pasta rappresentata dai rascatielli, fatti di semola di grano duro senza uova. Tra i piatti natalizi si segnalano la minestra di cicoria lessata con aglio e olio oppure i maccheroni. A ruota agnello arrosto o baccalà in umido. Poi le fritture fra le quali campeggiano le zeppole.

Calabria: alla vigilia non possono mancare le fritture a cominciare dal cavolfiore e dalle zeppole, segue lo stoccafisso in umido oppure le salsicce con contorno di cime di rape ed il lampasciuni. Il pranzo di Natale prevede secondo tradizione 13 pietanze basate su alimenti poveri ed essenziali. Si comincia con la pasta al forno, polpettine di carne, salamino calabrese al peperoncino. Seguono poi fritture di pesce, crostacei e gli avanzi del cenone perché, come si dice in queste zone, sono benvenuti in casa.

Campania: cenone sontuoso per la vigilia, anche quando i bilanci familiari non sono proprio floridi. In tavola arrivano gli spaghetti con le vongole, baccalà e capitone, i fritti, le torte salate. E alla fine ci si sbizzarrisce con i dolci a cominciare dagli struffoli. A pranzo ancora un menu ricco di sapori: le tagliatelle e la tacchina al forno precedono una parata di fritture regale dai fegatini alle mozzarelle, dalle pizzelle all’uovo ai carciofi. E per rifiatare prima dei dolci, ravanelli e finocchi conditi con olio, sale e pepe.

Emilia Romagna: anche in questa regione l’osservanza del magro non impedisce, per la sera di Natale, cenoni gustosi a base di tortelli con ripieno di erbette, anguilla marinata e pesce fritto. A pranzo gli insostituibili cappelletti e tortellini rigorosamente in brodo, preceduti da un antipasto di culatello e fiocchetto. A seguire, sontuosi lessi con l’aggiunta del cotechino e, per chi non si nega nulla, la mostarda. Per concludere il dolce preferito è il torrone insieme alla spongata di Parma, pasta frolla farcita di frutta secca, miele ed altri aromi.

Friuli Venezia Giulia: tradizioni semplici per la notte di Natale con minestre, magari d’orzo e pesce. Poi a pranzo cotechino con crauti e, a Trieste, conclusione con la putizza, dolce a base di frutta secca.

Lazio: la sera di natale spazio innanzitutto ai fritti seguiti da una minestra di arzelle o di ceci o, ancora, una pasta al tonno o con le vongole. Poi il capitone e, per cambiare gusto, un dolce tipico: la nociata o il pangiallo. A pranzo, cappelletti in brodo di cappone e per secondo assieme al cappone anche la gallina ripiena.

Liguria: cena frugale per una tradizione che prevedeva un rigoroso digiuno e che oggi si ispira ai piatti della corrente gastronomia italiana. La tradizione riemerge con forza nel pranzo di Natale con il piatto principale costituito dai maccheroni ripieni di salciccia, i natalin, in brodo di cappone. Poi i lessi, il tacchino arrosto rinforzato magari da un ripieno di salciccia, i sanguinacci con contorno di radici. Altra specialità della tradizione, le lattughe ripiene con tritati di cervello e animelle, con l’aggiunta di funghi, mollica, uova e parmigiano.

Lombardia: è la regione dove sono più marcate le diversità territoriali nelle usanze gastronomiche. Nel Mantovano si prediligono i tortelli alla zucca, simbolo di benessere familiare, ma non si disdegna la polenta con sughi ricchi di salsiccia e carne di maiale. A Milano sulle tavole del pranzo di Natale sono di casa i ravioli in brodo, i lessi, il tacchino arrosto. E, come è ovvio, si conclude con una fetta di panettone. Nel Comasco si fanno apprezzare gnocchetti di fegato e tortelli in brodo. Nel Pavese agnolotti in brodo, risotto, gallina ripiena e mostarda. Mentre nella zona di Varese il pranzo tipico di natale comincia con agnolotti in brodo di cappone e tacchino ripieno con le castagne.

Marche: cenone ricco per tradizione in questa regione con un inizio a base di maccheroni con lo stoccafisso, spesso seguiti dal capitone arrosto. In alternativa una gustosa pasta al tonno. Paste ripiene a pranzo che variano da zona a zona: possono essere i cappelletti al sugo, come i cannelloni. Poi tacchino arrosto, ma non mancano famiglie pronte a gustare anche la galantina di gallina o di tacchino. E un dolce a base di mascarpone o per chi si rifà alle più antiche tradizioni il festingo, a base di fichi secchi, mandorle, noci e uva passa.

Molise: la vigilia è sostanziosa con calzoni ripieni di uova e scamorze, maccheroni in salsa di acciughe, capitone arrosto, cavolfiori fritti e fichi secchi. Il pranzo non è da meno: nella zona di Campobasso il piatto forte sono i vermicelli alla mollica seguiti dalla scarola ripiena. In altri centri si gustano tagliolini in brodo di tacchino, lessi con salsa piccante e, per finire, i caragnoli e le ceppelliate rispettivamente a base di miele e marmellata di amarene. Il ricordo dell’epoca romana e sannita si perpetua con i mostaccioli immersi in cioccolato fondente sciolto a bagnomaria.

Piemonte: fra le tradizioni della vigilia, non molto sontuose, c’è quella del cuneese dove si usa mangiare un gallo appositamente allevato proprio per il Natale. Altro piatto da segnalare le cipolle ripiene di magro che si gustano nelle zone vicine al Po e che fanno parte di un cenone di almeno sette portate. A pranzo non manca mai un primo di agnolotti ripieni di carne e verdure, poi il cappone lessato con salse. Un cappone che veniva cotto un tempo assieme a un pugno beneaugurante di fieno raccolto a maggio.

Puglia: cena di vigilia ricca con fritti e con portate che rievocano ancora una volta la magia del numero 13. D’obbligo gli spaghettini preparati in casa, vermicidde, conditi con sugo di pesce, poi il capitone in umido e arrosto. A pranzo i più tradizionalisti non rinunciano alle immancabili orecchiette o allo sciuscello una crema di ricotta e brodo di verdure. Il secondo spazia dall’agnello al tacchino, dal capretto allo spiedo al cappone al forno. E di contorno sono sempre presenti le rape lesse. Fra i dolci spiccano le cartellate, pasta fritta tuffata nel miele e condita con zucchero, cannella, cioccolata tritata grossa, pinoli.

Sardegna: cenone sicuramente abbondante e a base di pesce. Si comincia di solito con la burrida (palombo bollito e marinato), si continua con i chjusoni, degli gnocchi, si tocca il culmine con l’anguilla e altre specialità di pesce alla brace. A pranzo l’atmosfera si scalda con gli assaggi di frattaglie di agnello arrosto o in agrodolce e funghi sott’olio, poi un fumante brodo di carne vaccina con pecorino fresco acido. Grande varietà dei primi dagli gnocchi ai malloreddus, dei ravioli, ai fiuritti, delle tagliatelle. Fra i secondi campeggia il tipico purceddu con il vino nuovo. E tanti dolci fatti in casa.

Sicilia: la sera di Natale sulle tavole siciliane compare spesso la pasta con le acciughe accompagnata poi da anguille e baccalà. A pranzo non è raro che faccia la sua comparsa anche un sontuoso timballo di riso che richiama antiche reminiscenze arabe. Durante le feste c’è l’usanza di tenere in casa un cesto di vimini con i dolci da offrire: pasta reale, cannoli, ciambelle di sesamo, pignolata messinese, torrone.

Toscana: una volta la cena di Natale prevedeva il rigore del magro testimoniato da una minestra di ceci e baccalà accompagnata talvolta da castagne secche cotte in acqua leggermente salata. Il pranzo si arricchiva di piatti gustosi come i cappelletti in brodo o altra pasta ripiena, cappone e tacchino arrosto

Trentino Alto Adige: anche in questa regione la notte di Natale vede primeggiare le minestre tipiche di queste zone, orzo, fagioli, patate, pasta e riso, seguite dal formaggio fritto. Per il pranzo di Natale vengono preparati i canederli, la polenta con la cacciagione e i funghi, gli arrosti, i crauti e per chi ha la costanza di arrivare fino in fondo il premio è costituito dallo strudel di mele.

Umbria: vigilia con minestre a base di legumi o spaghetti con le alici, aglio, prezzemolo e pepe. O, ancora, tagliatelle senza uovo condite con baccalà cotto alla brace. Poi ancora pesce come l’anguilla o il baccalà in umido. A pranzo cappelletti di carne in brodo, cappone lesso e gobbi. Nello Spoletino non mancano gli strangozzi al tartufo, le costolette e i fegatelli di maiale. Sempre a Spoleto la memoria del periodo longobardo è affidata a un dolce: l’attorta, i cui ingredienti sono comuni allo strudel.

Valle d’Aosta: cenone con brodo caldo, la motzetta che è carne tenuta sotto sale con aromi, e carbonade, un ragù preparato con carne bovina salata, addolcita durante al cottura da cipolla e vino rosso. A pranzo sempre brodo cui fa seguito il porchon, grosse patate ripiene di cavoli, carote, pere bagnate con del Martini secco e cucinate nel lardo. E come dessert il pandolce.

Veneto: attorno al caminetto la notte di Natale si gustano i bigoli in salsa che aprono un cenone ricco di pietanze e che si conclude con la tipica sbrisolona, una crostata di mandorle, oppure la pinza, dolce con frutta secca, grappa e mele fresche. Oltre ai bigoli si possono trovare anche gli stropei che sono gnocchi di patate fritti. E in Cadore si ricorda una antica tradizione, quella del Pan de la Makaneta. A ogni capofamiglia veniva consegnata una forma di pane di circa un chilo, accompagnata da una fetta di ricotta. L’usanza risaliva al 1488, quando una certa domina Maria Machagneti di Calalo redasse un testamento nel quale si raccomandava di celebrare ogni anno quattro messe a suo suffragio, offrendo poi un pasto a tutti i concittadini. Tradizione che durò fino al 1907.

E per i vini? Quali sono i migliori abbinamenti cibo-vino? Come abbinare un buon vino ai passatelli, all'arrosto, al bollito e persino al panettone?
L'incontro tra cibo e vino è un contatto tra due realtà diverse. E da questa unione possono nascere delle melodie o anche dei contrasti.
Il vino abbinato al cibo lo impreziosisce e lo esalta: è assodato. Naturalmente con tecnica e buon senso.

Cerca...