85

Tragicomico racconto sul dramma della dieta.

Eccola. Lei è sempre lì e ti aspetta. Può succedere di tutto: possono cadere i governi, si possono perdere gli scudetti, può aumentare ancora il prezzo del petrolio, ma lei rimarrà sempre lì ad aspettarti.
Quando ti avvicini, non riesci a far finta che non ci sia. Ti senti attratto e non pensi alle delusioni precedenti perché senti che questa è la volta buona.
Qualcosa dentro di te, però, ti fa resistere e vorresti rimandare l’incontro. Tenti allora un primo approccio e lei reagisce subito come se in tutto questo tempo non aspettava altro.
Ti spogli. È come un rito. La stanza è chiusa a chiave, così nessuno potrà disturbare.
L’accarezzi con un piede.
Ormai ci sei, non puoi tirarti indietro. Ci vai sopra.
Per un attimo hai paura che non succeda nulla, poi come di incanto lei si accende e capisci che è il momento della verità.

85 chili! Porca miseria, no!
Non è possibile, 85 chili!

Spegni e riaccendi la bilancia elettronica, ma la sentenza è sempre la stessa. 85 chili!
Ok, la pancia c’è, su questo non ci piove, ma 85 chili ti sembrano davvero tanti.

Forse dimentichi le flessioni che richiedi al tuo ventre quando al mattino devi indossare dei pantaloni di taglie ormai passate. O forse non pensi alle battute di tua moglie con la faccenda delle maniglie dell’amore.
Soprattutto non ricordi le abbuffate al ristorante del villaggio della scorsa estate o le degustazioni di aperitivi con gli amici il sabato sera prima di cena.
Ti guardi allo specchio. È come se gli occhi si fossero aperti solo ora. Ti senti avvilito.
Ti rivesti e vai in cucina.
Il cappuccino è lì che ti aspetta con il cornetto che tua moglie ti ha scaldato al microonde.
No! Ora basta.
Con tono austero e categorico, manco fossi un giudice mentre esprime una sentenza, dandoti un tono di persona determinata e sicura di se stessa, offri ai presenti la tua decisione storica:

«Da oggi, a dieta!»

Ora, ci sono due tipi di dieta: la dieta prescritta e seguita da uno specialista, il tuo medico o un dietologo, e la dieta fai da te.
La prima richiede appuntamenti per visite mediche, analisi o accertamenti diagnostici. Il tutto ha un costo, sia economico sia in tempo che devi perdere.
La seconda invece è proprio quello che fa per te, perché, chi più di te sa cosa è meglio mangiare e cosa eliminare? E poi non devi spendere un euro per medici, specialisti e analisi!
Bene, da oggi niente pane, pasta, olio, zucchero, caffè, latte, alcolici, fritti, salumi, formaggi grassi.
Soltanto frutta, verdura, carne e pesce magri!

Alle ore 7, la prima colazione.

Inizi la mattina con una bella tazza di the. Niente zucchero, solo dolcificante.
Arrivi in ufficio e ti accorgi di una certa debolezza e sonnolenza. Resisti, d’altronde il fisico si deve abituare alla mancanza degli zuccheri.
Alle ore 10.45, la colazione di metà mattina.
Il cuore comincia a battere più veloce. Sai che da un momento all’altro inizierà il rituale della colazione tra colleghi: la pizza con la mortadella!
Sono anni ormai che il fornaio sotto l’ufficio, dopo aver ricevuto l’ordine per telefono, si prodiga nel portare decimetri quadrati di pizza bianca, appena sfornata, aperta e riempita di profumata mortadella con il pistacchio.
Vorresti uscire dalla stanza, ma devi consegnare al tuo capo un maledetto report entro un’ora.
Il capo infatti tollera il rituale della pizza a due condizioni: che la si consumi nel proprio posto di lavoro e che gliene venga offerta un’abbondante porzione.
A scanso di equivoci, informi i colleghi della tua dieta e provi a concentrarti sul report.
Sottovaluti però l’effetto che da’ la pizza calda ripiena di mortadella quando viene scartata.
Le narici si dilatano alla ricerca dell’aroma, come se fossero alla ricerca dell’ossigeno vitale.
Lo stomaco fa il resto.
Non ce la fai. Ti alzi disperato e vai davanti al dispensatore di acqua. Ti fai fuori tre bicchieri di acqua sperando che possano colmare il pauroso vuoto di stomaco.

Alle ore 13.30, la pausa pranzo.

Esci da solo. La tua è una sofferenza che non puoi condividere con qualcuno. E poi non puoi permettere di farti tentare dalle insistenze di qualche tuo collega.
L’insalata mista o il frullato all’inizio ti sembrano quanto di meglio ci possa essere. Te li gusti foglia per foglia o sorso per sorso. Ma se c’è un principio, c’è anche una fine. Ed è il panico.
Torni in ufficio più affamato di prima. Osservi con sguardo omicida il collega che degusta con tutta calma la fetta di cassata siciliana appena acquistata in pasticceria. Provi a non ascoltare le telefonate dei colleghi che descrivono alle proprie consorti cosa hanno mangiato per pranzo. Scappi dalla stanza e pensi di trovare sollievo davanti al dispensatore di acqua. Ti fai fuori altri tre bicchieri di acqua.

Nel tardo pomeriggio torni a casa e guardi con occhi diversi la ben nutrita portinaia che dalla guardiola ti saluta sorridendo. Non riesci a capire perché proprio oggi osservando la signora bene in carne ti viene in mente la porchetta.
Ormai sei in piena crisi di astinenza.
Sudi freddo e quando vedi il tuo bambino di un anno alle prese con la sua pappa con l’omogeneizzato sciolto dentro, ti rinchiudi in camera angosciato e provi a leggere il giornale.

Alle ore 20, la cena.

Ti avvicini al tavolo respirando con la bocca. Non vuoi far sentire alle tue narici gli odori della cena preparata da tua moglie.
Il biancore del petto di pollo si mimetizza nel fondo bianco del piatto. L’insalata senza olio ti ricorda l’erba che le mucche o le pecore mangiano.
Il piatto di bucatini alla carbonara che tuo figlio maggiore si sta divorando ti dà invece il colpo di grazia.
Non parli per tutta la cena. Mangi fissando solo il televisore.
La mela completa il tuo pasto, ma solo in teoria, perché senti che lo stomaco e le altre viscere si stanno ribellando per questa improvvisa e inaspettata astinenza da cibo.

Il sonno non ti aiuta. Nei tuoi sogni ci sono abbondanti piatti di bucatini alla carbonara e profumate portinaie imporchettate sullo spiedo.
Così passano i giorni, tutti uguali e tutti vissuti in piena depressione.
Disperato, dai retta a una collega che ti illustra la validità della dieta della banana.
Ti aiuta a non avere fame e non ti fa ingrassare.
E così un giorno ti mangi per pranzo tre banane e bevi mezzo litro di latte scremato.
Ti senti finalmente sazio e dopo tanto tempo ti ritorna il sorriso. Ma solo per poco, perché dopo un’ora non solo lo stomaco ritorna a reclamare attenzione, ma senti l’intestino che si muove in maniera anomala, costringendoti a passare le successive ore in sedute straordinarie al bagno a contare le mattonelle davanti ai tuoi occhi.

È passata una settimana. Da qualche parte avevi letto che durante la dieta è inutile pesarsi giorno per giorno, ma con frequenza settimanale.
Ti senti pronto.
Già dal mattino stai pregustando questo momento.
È il tuo momento. È il tuo riscatto nei confronti di quel dannato numero “85”.
Come la volta precedente, ti chiudi in camera. Ti spogli con lentezza e per un attimo un ghigno di soddisfazione appare sul tuo viso.
Lei è sempre là. Ti aspetta. Questa volta però non hai timore, perché senti la vittoria in pugno.
Con un piede accendi la bilancia e ci monti sopra.
Un urlo esce d’istinto dalla tua gola. Ma non è un urlo di gioia.
Non è possibile!
Scendi dalla bilancia e ci rimonti sopra.
La spegni e la riaccendi.
Niente da fare.
Il numero è sempre quello: “85”.
Ti siedi distrutto sul bordo del letto.
Ti rivesti e apri la porta della camera.
Sei troppo teso da non ricordare che tua moglie sta preparando la cena.
Abbacchio al forno con patate.
Le narici captano l’aroma e tu barcolli. Ti siedi.

«Oh, c’hai una faccia!»

Non ti va di rispondere a tua moglie.

«Ah, sai che volevo dirti?»

Che razza di domanda.

«Lo sai che mi sono accorta che la bilancia non funzionava bene?»

Lì per lì non cogli subito il senso della frase. Poi senti suonare un campanellino.

«Scusa, puoi ripetere per favore perché non ho capito bene.»

«Sì, aveva le pile scariche e quindi misurava male il peso.»

Non ti sembra vero. Chiudi gli occhi e provi a recuperare le speranze che avevi perso.

«Be' sì in effetti mi era sembrato eccessivo il peso che mi dava.»

Lei ti guarda sorridendo.

«No, forse non hai capito. Non sbagliava in eccesso, ma in difetto. Pensa che ti toglieva due chili. Hai capito che faceva la fetente?»

Rimani per un attimo immobile, poi ti giri dall’altra parte.
I tuoi occhi sono inumiditi di calde lacrime.

Gaetano Taverna

Contatore sito

Cerca...