Natale a Villa Luna

Il racconto natalizio su un gruppo di anziani ospiti di una Casa di Riposo.

«Qui c’è troppa calma. Ma vedrete, non durerà per sempre», così ripeteva spesso Marta agli altri ospiti di Villa Luna.
La Casa di Riposo infatti aveva un principio che veniva imposto dagli operatori, ma soprattutto da Adriana, la Direttrice che da più di vent’anni dirigeva Villa Luna. Tranquillità è salute!

«Non c’è niente di meglio per la salute di una persona anziana che vivere nell’assoluta tranquillità, senza affanni, senza pensieri o particolari emozioni.»
Lo ripeteva spesso Adriana, ai suoi collaboratori, al briefing del mattino prima di avviare il lavoro. Gli operatori d’altronde non avevano mai avuto motivo, ma anche coraggio, di contraddire la Direttrice, che aveva la fama di essere severa e integerrima nei suoi principi.
Nessuno però, tanto meno Adriana, avrebbe mai immaginato che l’arrivo di Luciano a Villa Luna avrebbe sconvolto la vita e la tranquillità di tutti.

Erano stati i servizi sociali a convincere Luciano a entrare in una Casa di Riposo soprattutto perché il Natale si stava avvicinando. Lo sfratto esecutivo che aveva ricevuto non gli aveva lasciato altra scelta, a meno di diventare, proprio nei giorni di Natale, uno dei tanti invisibili clochard che riempivano la stazione ferroviaria e i sotto ponti dei cavalcavia.
Gli avevano presentato due opzioni, entrambe nelle vicinanze del quartiere dove aveva vissuto da sempre, ma soprattutto compatibili con il contributo che, in aggiunta alla pensione che percepiva, avrebbe coperto la retta mensile. Luciano le aveva subito rifiutate e chiese di poter andare in un’altra Casa di Riposo, Villa Luna, anche se era molto più distante.
«Tanto non c'è nessuno che potrebbe venire a trovarmi.»
Dopo qualche giorno, i servizi sociali gli avevano confermato la disponibilità di Villa Luna, dicendogli però che non era stato semplice per il maggior costo della retta.

Luciano non aveva una famiglia e la compagna con cui aveva vissuto per quasi vent’anni lo aveva lasciato già da qualche anno. Lui non aveva mai capito il perché, ma aveva accettato di buon grado, anche se avrebbe dovuto affrontare da solo le spese dell’affitto e del suo mantenimento.
Aveva 79 anni e per tanti anni aveva lavorato come cuoco nelle mense oppure come attore e cantante di teatro. Due attività molto diverse tra loro, ma erano le uniche cose che sapeva fare bene e che gli avevano permesso di mantenersi senza eccessi, anche perché non se li sarebbe mai potuti permettere.
Magro, piuttosto alto, con capelli bianchi folti e sempre arruffati, aveva il viso piuttosto emaciato, ma con uno sguardo molto vivo ed espressivo, accentuato dal colore azzurro degli occhi. Portava una barbetta bianca e camminava con difficoltà, per colpa di una sciatalgia che da tempo non gli lasciava tregua.

Arrivò accompagnato in auto da una delle assistenti sociali che lo aiutò a portare dentro la villa i bagagli e l’inseparabile chitarra protetta da una custodia morbida.
Appena Luciano mise piede a Villa Luna, i suoi sensi percepirono subito due particolari per lui inquietanti. Un odore nauseabondo di disinfettante e un silenzio quasi assordante per quanto era intenso. Lui invece era abituato da sempre a percepire gli odori di cucinato, le voci, i rumori, la musica e i suoni delle radio e delle tv che provenivano dagli appartamenti del grande condominio dove aveva abitato per tanti anni.

«Allora, signor Luciano, benvenuto a Villa Luna – disse Adriana fasciata in un tailleur grigio troppo stretto – Sono certa che sarà a suo agio e che apprezzerà la tranquillità che regna sovrana da noi.»
Luciano rispose con una specie di grugnito. Si guardava attorno perplesso. Malgrado mancasse meno di due settimane al Natale, notò che non erano ancora state allestite luci o decorazioni natalizie.
La Direttrice lo invitò a lasciare i bagagli e la chitarra in portineria e a seguirlo nel suo ufficio.
«Condividerà la stanza insieme a un altro ospite, il signor Gino. Più o meno avete la stessa età. Sono certa che si troverà bene perché lui è un tipo molto tranquillo.»
Luciano sospirò.
Per quasi mezz’ora Adriana gli illustrò le regole, gli orari, le attività che lui avrebbe dovuto seguire.
«Leggo qui che deve assumere diversi farmaci ogni giorno. Ha bisogno che glieli ricordiamo noi?»
«Non ce n’è bisogno. Me li gestisco io, tranquilli.
«Comunque domani il nostro medico la visiterà così gliene parlerà. Ora può andare nella sua camera.»

Un’operatrice, aiutandolo con i bagagli, lo accompagnò nella stanza che gli avevano assegnato, al secondo piano della villa.
Gino era seduto su una poltrona e lo accolse solo con un cenno della testa per poi riportare la sua attenzione al giornaletto con le parole crociate che aveva tra le mani.
«Che accoglienza!», disse Luciano a bassa voce. Ma anche se avesse parlato ad alta voce, Gino non lo avrebbe potuto sentire senza l’apparecchio acustico che teneva appoggiato sul comodino.
Luciano sistemò nel suo comodino e nell’armadio le poche cose che aveva con sé e appoggiò la chitarra sul letto. Poi da uno zaino tirò fuori una fiaschetta di vetro contenente della grappa e si avvicinò al tavolo sul quale erano riposti due bicchieri capovolti su un piccolo vassoio coperto con un tovagliolo di carta.
Versò un po’ di grappa nei due bicchieri e si avvicinò a Gino.
«Allora, mi presento: mi chiamo Luciano. Dai, beviamo insieme, perché da solo è avvilente, te lo assicuro.»
Gino alzò lo sguardo con un’espressione stupita. Si girò, prese l’apparecchio acustico e lo mise in un orecchio.
«Ma che sta facendo? Non lo sa che è proibito bere alcolici qui a Villa Luna??»
Luciano alzò le sopracciglia.
«E allora? Uno strappo alla regola ogni tanto non sarà un problema, non credi Gino?»
«No, no, non voglio problemi io.»
«Peccato. D’accordo, allora mi toccherà bere da solo. Ma brindo ugualmente alla nostra salute.»
Luciano bevve tutto di un fiato la grappa e versò nella fiaschetta il liquore contenuto nell’altro bicchiere. Sciacquò i due bicchieri nella toilette adiacente e li appoggiò capovolti sul piccolo vassoio.
Guardò l’orologio che aveva al polso. Era quasi l’ora di pranzo. Visto che Gino si era nuovamente tuffato nelle parole crociate, decise di scendere nella sala comune per incontrare gli altri ospiti.

La sala comune, adiacente alla sala da pranzo, si trovava al pian terreno della villa. A Luciano fu sufficiente una rapida occhiata per capire che non avrebbe avuto vita facile.
In un angolo c’era un piccolo albero di Natale che oltre ad essere finto aveva anche poche decorazioni. Il televisore era acceso, ma non si sentiva l'audio perché chi voleva vedere la tv doveva usare delle cuffie senza filo, così da non disturbare gli altri.
Tre donne e due uomini erano intenti a seguire in tv un programma di cucina sul menu di Natale. Altre tre donne, invece, erano sedute su un divano ed erano intente a sferruzzare lavorando a maglia o all'uncinetto. Due uomini erano invece seduti a un tavolino e giocavano una partita di scacchi, mentre altri due erano seduti a un altro tavolino e giocavano a carte. E infine due donne e un uomo erano seduti su delle poltroncine e leggevano chi un libro, chi una rivista.
Per Luciano tutto quel silenzio e quella calma erano piuttosto asfissianti. Si chiese se si sarebbe mai adattato, senza però darsi una risposta.
Come era entrato nella sala comune, soltanto le tre donne che lavoravano a maglia gli avevano degnato uno sguardo quasi indifferente e gli avevano fatto un cenno con la testa a mo’ di saluto.
«Ehm... Buon giorno a tutti. Scusate il disturbo, ma visto che sono appena arrivato e sarò dei vostri, forse è meglio se ci presentiamo, non credete?»
Nessuno proferì parola.
Andiamo bene!
«Allora, il mio nome è Luciano, ho 79 anni, nella mia vita precedente sono stato un cuoco, un attore e un cantante di teatro, e invece in questa vita attuale sono solo un povero pensionato che però non disdegna la buona compagnia e un buon bicchiere di vino.»
Soltanto una delle donne che stava leggendo, dopo aver chiuso il libro, si alzò dalla poltroncina e si avvicinò.
Osservò Luciano da capo a piedi.
«Non ci posso credere! Luciano, ma sei proprio tu??»
Luciano sorrise. Anche se aveva una vista poco nitida, il suo udito era più che perfetto e quella voce l’avrebbe riconosciuta anche dentro uno stadio affollato.
«Ciao Marta! È da tanto che non ci si vede. Come te la passi?», disse provando ad abbracciare la donna.
Marta si allontanò leggermente.
«Niente abbracci, non è permesso.»
Luciano strabuzzò gli occhi.
«Dai, vieni a sederti e parliamo un po’ – disse Marta indicando un divanetto - Ma com’è che sei capitato proprio a Villa Luna?»
Luciano sorrise. Le avrebbe voluto dire che non era stato un caso. Che sapeva che lei era una delle ospiti di Villa Luna. Ma soprattutto avrebbe voluto dirle che lei era sempre stata presente nei suoi pensieri e nei suoi sogni.
«Che dirti. A volte la vita ti riserva delle sorprese. Davvero una bella coincidenza ritrovarci qui dopo tanti anni. Non credi?»
Marta lo fissò con i suoi occhi color nocciola.

Sì, era passato davvero tanto tempo. All’epoca avevano entrambi una trentina di anni e anche lei recitava in teatro. Si erano conosciuti durante una tournée estiva e poi avevano continuato a frequentarsi per un paio di anni. Lui si era subito innamorato di quella donna, del suo sorriso, della sua vitalità, della sua dolcezza. Lei si era affezionata a lui, ma senza particolare trasporto. Le piacevano le sue attenzioni, la sua vivacità, la sua simpatia, il suo vivere alla giornata. Dopo due anni, però, gli aveva detto che lei non poteva continuare ad arrangiarsi, sia nel lavoro che negli affetti, e che era giunto il momento di fare delle scelte. E lei aveva scelto un’altra professione e un altro uomo.

Luciano osservò Marta con tenerezza. Era passato molto tempo, ma il suo viso, anche se con diverse rughe, manteneva quella dolcezza che aveva sempre amato.
«Ti trovo bene, Marta. È da molto che sei a Villa Luna?»
«Da un paio di anni.»
«Senti, lo so che sono appena arrivato. Ma non ti sembra che ci sia troppa calma, troppo silenzio e troppe regole?»
Marta annuì sorridendo.
«Sai, io continuo a dire che qui c’è una calma eccessiva. Ma dico anche che non durerà per sempre. E se sei rimasto così come ti ho conosciuto, sono certa che questa calma ce la dimenticheremo presto.»

Marta non dovette attendere molto.
Due giorni dopo, all’ora del tè del pomeriggio, Luciano si presentò nella sala comune con la chitarra e iniziò a suonare e a cantare dei famosi brani napoletani e delle canzoni natalizie. Ci volle poco per attirare i presenti, come ci volle poco per farli cantare, soprattutto dopo aver fatto girare la sua fiaschetta di grappa. In poco tempo si era formato un coro spontaneo e diversi ospiti si esibirono con vocalizzi da far invidia a cantanti professionisti.
Dopo quasi un’ora, però, intervenne Adriana interrompendo i canti. Sequestrò la fiaschetta di grappa chiedendo di chi fosse.
«La fiaschetta è la mia, Direttrice, e le sarei grato se me la restituisse.»
«Lei è un incosciente, non lo sa che gli alcolici non sono ammessi? La fiaschetta la terrò io.»
Luciano stava per rispondere a tono, Marta però lo anticipò trattenendolo per il braccio e dicendogli a bassa voce di lasciare perdere.

Ma Luciano non era il tipo che lasciava perdere. Dopo quasi una settimana, decise che ne aveva abbastanza del vitto che veniva servito per pranzo e per cena.
Era sera e tutti gli ospiti erano seduti ai diversi tavoli della sala da pranzo. Il menu della cena prevedeva una minestra di verdure con la pastina, dello stracchino, patate e carote lesse e una mela.
Luciano fissò per diverso tempo il piatto con la minestra che aveva davanti. Marta era seduta allo stesso tavolo e lo osservava divertita.
«Guarda che qui il detto o mangi la minestra o salti la finestra, è reale, credimi.»
«Marta, io questa sbobba non la mangio, ma possibile che nessuno protesta? Ora stai a vedere che combino.»
Marta sorrise.
Ecco, ci siamo!

Luciano chiamò ad alta voce l’operatrice che stava servendo in tavola.
«Signora, chiedo scusa, posso chiederle una cosa?»
«Prego, Luciano, dica pure.»
«Ma se avesse degli ospiti a cena, lei gli darebbe questa sbobba?»
L’operatrice rimase interdetta.
«Non capisco, cosa c’è che non va?»
«Cosa c’è che non va? Facciamo così, non perdiamo tempo, dica alla Direttrice che le voglio parlare.»
«La Direttrice a quest’ora non c’è, ma può dire a me.»
Luciano sbuffò e si girò versò gli altri ospiti.
«Amici cari, davvero pensate che questa sia una cena? A me sembra una vera presa in giro, sbaglio?»
Gli ospiti in sala si guardarono tra loro.
«In effetti, il signor Luciano ha ragione. Con tutti i soldi che vi prendete, non potete ogni sera farci mangiare così!», disse una signora alzandosi in piedi.
La miccia era stata accesa. Subito diversi ospiti intervennero criticando la qualità dei pasti, la quantità servita, ma soprattutto la scarsa varietà.
L’operatrice non sapeva che fare e che dire. Uscì a passo svelto e ritornò subito dopo in compagnia della cuoca.
«Allora, signori, dite a me: cosa c’è che non va in questa cena?», disse la cuoca alzando la voce.
«Signora, non sia permalosa, per favore che non è il caso – intervenne Luciano - Posso chiederle chi le ha insegnato a cucinare?»
«Ma come si permette? Io sono una lavoratrice e conosco il mio mestiere. Non mi può offendere così. Ora chiamo la Direttrice e poi ne riparleremo, glielo assicuro.»
«Ecco, brava, chiami pure la Direttrice e già che c’è, le dica che qualcuno questa sera si rifiuta di mangiare questa schifezza. Io per primo. E che cavolo! Siamo sotto Natale e voi ci servite questa robaccia? Amici, chi aderisce con me a questa protesta?»
Marta si alzò da tavolo.
«Sono d’accordo! Mi rifiuto anch’io!»
«Io pure», disse la signora che era intervenuta all’inizio.
Mano a mano, la maggior parte degli ospiti si alzò in piedi confermando il proprio rifiuto a consumare la cena.
La cuoca era su tutte le furie, mentre l’operatrice era sbiancata.
Entrarono in sala i due operatori che avrebbero fatto il turno di notte e provarono a calmare gli animi. Ma invano.
Le voci degli ospiti si sovrapposero: c’era chi urlava, chi sbatteva la mano sul tavolo, chi chiedeva una carbonara, chi una bistecca.
Luciano e Marta si fissarono divertiti.
«Hai scatenato un bel vespaio, complimenti Luciano.»
«Marta, ho solo dato il La, il resto è venuto da sé. E quindi ne è valsa la pena, non credi?»
«Ora però devi far calmare gli animi, se no qualcuno si sentirà male stasera.»
Luciano annuì.
«Per favore... amici per favore, calmiamoci tutti. Ecco, così, bravi.»
Poi si rivolse agli operatori e alla cuoca che era paonazza in viso.
«Ascoltate, io credo che ci voglia poco. Facciamo così, lei signora adesso andrà in cucina e preparerà un bel piatto di spaghetti con il sugo, magari ci metta anche dei pezzetti di carne o della pancetta, veda lei. E per stasera ci accontenteremo del piatto di pasta al posto della sbobba. Domani poi parleremo con la Direttrice per cambiare il menu. A proposito, visto che sono stato un cuoco, se vuole posso venire a darle una mano.»
«Non si azzardi a entrare nella mia cucina!», disse la cuoca con occhi di fuoco.
«Allora, siamo d’accordo?», chiese Luciano con un mezzo sorriso.
Gli operatori si guardarono tra loro e poi convinsero la cuoca a preparare gli spaghetti al sugo per tutti.
«Domani sono curiosa di vedere il viso della Direttrice quando arriverà», disse Marta divertita.

Al mattino Adriana non aveva una bella cera, e come arrivò si diresse direttamente in cucina. Già dalla sera prima, gli operatori e la stessa cuoca, l’avevano tempestata di telefonate. Al momento però non aveva potuto fare nulla anche perché abitava a più di venti chilometri dalla villa.
Si era imposta di rimanere calma e di affrontare Luciano con autorevolezza. Mai nessuno si era permesso di creare questo subbuglio a discapito di quella tranquillità che aveva sempre caratterizzato la sua gestione.
Ma non aveva fatto i conti con l’intraprendenza di Luciano.
Come percorse il corridoio che portava alla sala comune, capì che c’era qualcosa che non andava. Anziché il solito odore di disinfettante, si percepiva un odore diverso, una fragranza di dolci e altri aromi più simili a quelli di una pasticceria che a quelli di una Casa di Riposo per anziani.
«Direttrice, finalmente è arrivata. Venga a vedere», disse un’operatrice che la raggiunse trafelata.
Nella sala da pranzo, gli ospiti erano seduti sui tavoli e facevano colazione con cioccolata calda, biscotti appena sfornati, fette di crostata e di ciambellone.
Erano tutti allegri e parlottavano tra loro animatamente.
«Che significa? Che sta succedendo?», chiese Adriana allarmata.
«Sta succedendo, signora mia, che finalmente i suoi ospiti stanno consumando una colazione dignitosa», disse Luciano avvicinandosi.
Indossava un cappellino di Babbo Natale ed era raggiante.
«Direttrice – intervenne la cuoca rossa in viso – lo sa che ha combinato questo signore? Questa notte è entrato in cucina e ha preparato tutta questa roba!»
«E allora? Che male c’è? Ve l’ho detto, sono stato un cuoco per tanti anni.»
Adriana fulminò Luciano con uno sguardo arcigno.
«Mi segua nel mio ufficio.»
Luciano si girò verso Marta e le sorrise ammiccando.
Marta risposte con il pollice alzato.

«Signor Luciano, sono molto delusa da lei e mi costringe a prendere dei provvedimenti.»
«E perché mai? Ha visto pure lei come i suoi ospiti ora sono su di giri. Non c’è niente di meglio che un’ottima colazione per rallegrare gli animi di prima mattina.»
«Ma lei è un incosciente! Lo sa che qui la maggior parte degli anziani hanno problemi con la glicemia e con il colesterolo? E lei che gli va a preparare tutti quei dolci. Ma è andato fuori di testa??»
Luciano sbuffò.
«Ascolti, in cucina so il fatto mio. Ho usato pochissimo zucchero e poco burro, non sono un’incosciente. E poi: ma lei pensa che i suoi ospiti non abbiano i loro generi di conforto, anche zuccherati, nascosti nelle loro camere? Ah, la sua ingenuità non le fa onore!»
«Di questo me ne accerterò, non dubiti. C’è però un’altra faccenda altrettanto grave. Per motivi di sicurezza e di igiene, in cucina possono entrare soltanto le persone autorizzate. Con la sua bravata di questa notte, lei ha contaminato la cucina e ora dovremo sanificarla. Ha capito?»
«Ma per favore! Vada a dare un’occhiata a come la cuoca o chi per lei pulisce la cucina. Non mi meraviglierebbe se qualche topastro o qualche scarafaggio girasse indisturbato. La verità è che sta rosicando perché non rispetto il vostro modo di gestire questo posto. E sul vitto, vogliamo parlarne? Sono sicuro che in un carcere mangiano sicuramente meglio.»
«Non dica fesserie, il menu è stato preparato dai nostri dietisti.»
«Un menu deve essere preparato da chi si intende di cucina, dia retta a me! E vogliamo parlare di come i suoi ospiti sbavano davanti alla tv nel vedere i programmi di cucina? Siete proprio dei sadici, far vedere quei programmi e poi a tavola presentarvi con la minestrina!»
Adriana faceva fatica a trattenersi.
«Un’ultima cosa, Direttrice. Per Natale, che intenzioni avete? Mancano pochi giorni e a parte quell’alberello striminzito in sala comune, nulla fa sembrare che stiamo nel periodo natalizio.»
«Lei non si deve preoccupare per il Natale. Tanto non lo passerà qui.»
Luciano si accigliò.
«Sta dicendo che mi sta cacciando?»
«Prima la fiaschetta di grappa, poi la protesta per un piatto di minestra e ora i dolci. In poco tempo lei ha sconvolto la tranquillità di questo posto. In tanti anni non era mai accaduto!»
Luciano scosse la testa.
«Parlerò oggi stesso con i servizi sociali che l’hanno indirizzata da noi. Lei qui non può stare. È evidente che è incompatibile con la nostra struttura.»
Luciano scoppiò a ridere.
«Incompatibile?? Adriana, Adriana, lei mi delude. D’accordo. Faccia come vuole, ma non sottovaluti le persone perché potrebbe rimanerci molto male.»

«Che significa che ti ha cacciato?», disse Marta stupita.
«Ha detto che sono incompatibile con Villa Luna. Ridicolo!»
Marta si incupì.
«E dove andrai?»
«La questione non è dove andrò, ma se me ne andrò.»
«Non capisco: se saranno coinvolti i servizi sociali, mica ti potrai rifiutare.»
«Questo non lo so. Ma comunque ho in mente qualcosa di diverso. Lo sai, la mia fantasia non ha limiti.»
Marta sorrise.
«Ed è proprio questo quello che mi preoccupa.»

Era il 23 dicembre. Alle 8, come ogni giorno, venne servita la colazione sotto lo sguardo vigile di Adriana.
Gli ospiti consumavano la loro colazione a base di caffè d’orzo, latte, tè, due fette biscottate e, solo per i pochi che non avevano problemi di glicemia, una marmellatina.
«Signori, ho un avviso da dare – disse Adriana - Già da stasera alcuni di voi lasceranno Villa Luna per passare le feste natalizie presso le loro famiglie. Gli altri ovviamente passeranno le feste qui. E come ogni Natale organizzeremo per il giorno di Natale un bel pranzo e poi una tombolata. E per l’occasione, serviremo anche panettone e pandoro.»
«Direttrice – intervenne Luciano – e per la Vigilia? Sto parlando del cenone, ha presente quel momento conviviale che vivono tutte le famiglie in attesa che arrivi il Natale?»
«Non è tradizione di Villa Luna organizzare una cosa simile. Il Natale lo festeggiamo il 25.»
«Non è tradizione?? Ma in quale pianeta vive lei? Il bello del Natale è proprio l’attesa, tutto è orientato per attendere questo giorno fantastico che è il Natale! È l’attesa di Gesù, per chi crede. È l’attesa dei regali per i bambini, e non solo per loro. È l’attesa di un momento di gioia e serenità per tutti. E lei dice che non è tradizione?»
«Lei non si deve preoccupare. Tanto la Vigilia non la passerà qui.»
«Questo sarà tutto da vedere!», disse Luciano con un sorriso ironico.
Adriana lo fulminò con lo sguardo.
«A tal proposito, ho un altro avviso – disse Adriana – Domani mattina il signor Luciano ci saluterà e lascerà Villa Luna.»
Ci fu un brusio sommesso tra gli ospiti.
Marta si guardò attorno accigliata.
«Mi scusi, Direttrice, e si può sapere dove andrà Luciano?»
«Non lo so e non è un problema mio. Ci penseranno gli stessi servizi sociali che l’hanno portato qui», rispose con tono freddo.
«Ma è assurdo, siamo a Natale e lei lo caccia via soltanto perché ha avuto da ridire sul vitto e ha preparato dei dolci per tutti noi? Mica stiamo in un lager!»
«Signora Marta, lei non si deve preoccupare. Sono certa che il signor Luciano avrà un’ottima sistemazione. Questo è tutto.»
Adriana si girò e uscì dalla sala da pranzo.
«Bastarda! – disse Marta sottovoce – non è giusto che ti tratti così.»
«Marta, ti ringrazio per avermi difeso. Ora però non diciamo e non facciamo nulla. Così la sorpresa che sto preparando sarà ancora più gustosa.»

Già nel pomeriggio, gli ospiti che avrebbero passato le festività con i propri familiari lasciarono la villa.
Nella sala da pranzo, per la cena, si ritrovarono in otto, tra cui Luciano e Marta. Quando finirono di cenare, si recarono tutti nella sala comune.
Luciano attese che, come ogni sera, a parte i due operatori del turno di notte, nessun altro fosse presente a Villa Luna.
I due operatori si accertarono che tutto fosse a posto, presero dalla cucina il thermos con il caffè, augurarono buona notte e si ritirarono nella loro stanza.
«Bene amici, vorrei farvi una domanda. – disse Luciano dopo aver chiuso la porta della sala comune – Siete proprio convinti di voler passare il Natale in questa maniera, o meglio, nella maniera tanto cara alla nostra Direttrice?»
Gli altri si guardarono tra loro.
«Sì, certo, sarebbe meglio passarlo in famiglia, ma se siamo rimasti qua è perché purtroppo nessuno di noi ha più una famiglia con cui passare il Natale», disse una delle ospiti.
«Cara signora, la questione non è se abbiamo o non abbiamo una famiglia con cui passare il Natale. La questione è se vogliamo accettare oppure no il Natale come Adriana e compagnia bella vogliono imporci.»
«Luciano, mi scusi, ma cosa potremmo fare? Ha visto pure lei come viene stroncata ogni iniziativa diversa dalla solita routine. Certo, sarebbe bello passare un Natale diverso dal solito. Lei ha forse in mente qualcosa?»
«Esatto, signora bella. Ma per realizzare quanto ora vi proporrò, avrò bisogno del vostro aiuto e del vostro sostegno.»
«Per favore, non chieda soldi, perché purtroppo non li ho.»
«Niente soldi, per carità, non si preoccupi. Voi dovrete solo vivere con gioia quello che sto organizzando. Ben intesi: l’unico responsabile di quanto faremo sarò soltanto io. Rammentatelo, così non passerete dei guai.»
«Luciano, ma che c’hai in mente? - chiese preoccupata Marta – guarda che i due del turno di notte saranno sul chi va là dopo la tua sortita in cucina dell’altra volta.»
«Di quei due non vi dovete preoccupare. Fra un po’ saranno addormentati come due bambini. Il sonnifero che ho sciolto nel caffè del loro thermos farà effetto subito.»
Marta scosse la testa.
«Sei tutto matto. E adesso, che intendi fare?»
«Adesso, vi spiego.»

I due operatori si svegliarono alle prime luci del 24 mattina. Erano talmente rintronati che non capirono perché quattro anziani, tre uomini e una donna, li stessero coprendo con dei giacconi e li stessero trascinando all’esterno.
Rimasero imbambolati per qualche minuto e poi provarono a rientrare, ma trovarono il portone di accesso chiuso a chiave dall’interno.
Lentamente riacquistarono lucidità.
Si diressero all’entrata posteriore e a quella di servizio, trovandole però entrambe chiuse. Non gli rimase altro che avvisare la Direttrice.

Quando gli ospiti si ritrovarono nella sala da pranzo per la colazione, trovarono ad accoglierli Luciano e Marta, che indossavano il cappellino di Babbo Natale. Avevano unito i tavoli così da formare un’unica tavolata addobbandola con decorazioni natalizie e riempiendola di dolciumi vari.
Dallo stereo della sala comune proveniva la musica di canti natalizi e nell’insieme si percepiva un’atmosfera che nessuno aveva mai vissuto prima a Villa Luna.
«Allora, Luciano, il programma di oggi?»
«Voi vi occupate degli addobbi e delle luci che ho comprato ieri. C’è anche un piccolo presepe da allestire. Marta ed io, penseremo a preparare un pranzo leggero e poi un cenone che sarà indimenticabile.»
«E per domani?»
«Per domani, Dio provvede. Tranquilli.»
Marta si fece seria.
«Luciano, che accadrà se la Direttrice farà intervenire i pompieri per forzare il portone?»
«Vedi, non so se le converrà farlo, perché ci saranno diversi giornalisti che ho chiamato informandoli di quello che stiamo facendo. Ah, dimenticavo, questa notte sul balcone del secondo piano ho anche appeso uno striscione che farà storia.»

Adriana non riusciva a trovare pace. Il solo pensiero che i suoi ospiti si erano chiusi dentro Villa Luna, la faceva stare male. Aveva già chiamato la polizia e i vigili del fuoco, ma nessuno sapeva cosa fare perché diversi giornalisti, con tanto di telecamere accese, stavano riprendendo quello che era ormai diventato lo scoop di Natale: una Casa di Riposo occupata dagli stessi anziani!
Lo striscione appeso al secondo piano, d’altronde non lasciava spazio a interpretazioni: VILLA LUNA OCCUPATA E IN AUTOGESTIONE .
Il culmine arrivò quando verso l’ora di pranzo, dal balcone del secondo piano si affacciarono tutti e otto gli ospiti ben coperti con giacconi, cappelli, sciarpe e guanti.
«Ascoltate per favore. Il mio nome è Luciano e voglio dire prima di tutto che stiamo bene e se abbiamo occupato Villa Luna è solo perché vogliamo passare in armonia il Natale. Purtroppo l’amministrazione ci voleva imporre di passare il Natale in una maniera squallida, senza musica, senza luci, senza addobbi. E figuratevi che non voleva neanche che vivessimo la Vigilia di Natale. Assurdo, no?
«Per non parlare del vitto micragnoso e da fame che ci hanno finora dato e quello che avevano pensato di darci a Natale. A tutto questo, noi diciamo basta! Vi prego soltanto di lasciarci in pace. Vi prometto che presto riapriremo il portone di accesso sperando che l’amministrazione avrà capito che dovrà rispettarci. Se poi l’amministrazione vorrà denunciare qualcuno, l’unico responsabile di questa iniziativa sono soltanto io. Grazie per la comprensione.»

Le autorità di polizia contattarono i proprietari di Villa Luna e insieme convinsero Adriana a non forzare la situazione, anche perché l’appello di Luciano dal balcone, stava rimbalzando su tutte le tv, locali e nazionali, e sui social.
In serata sopraggiunsero diverse persone, anche accompagnate da bambini, con dei pacchi dono e dei cestini natalizi per gli occupanti di Villa Luna.
Solo verso le 21, finalmente, il piazzale antistante la villa si svuotò.

Per il cenone della Vigilia, Marta e Luciano non delusero le attese e tutti poterono finalmente riscoprire il gusto di certe preparazioni che non avevano più assaggiato da tanto tempo o che non avevano mai mangiato. Baccalà mantecato, verdure gratinate, ravioli di pesce, insalata russa con gamberoni. Tutto in moderate quantità e innaffiato con il prosecco che era stato regalato dagli stessi vigili del fuoco che erano stati chiamati per forzare il portone di entrata della villa.
Dopo la cena, gli ospiti si riunirono nella sala comune e assistettero a dei monologhi divertenti di Luciano, tratti da alcune rappresentazioni teatrali del suo passato di attore. Uno degli ospiti, un signore piuttosto anziano di nome Marcello, si assentò per qualche minuto e stupì gli altri ospiti presentandosi con una fisarmonica.
Il suono dello strumentò incantò i presenti ed ebbero tutti la sensazione che fossero tornati giovani. Si alzarono in piedi e presero a ballare al ritmo della musica suonata magistralmente da Marcello con la sua fisarmonica.

Luciano era al settimo cielo. Si sentiva bene come da tanto non gli accadeva. Voleva godersi attimo per attimo quel momento magico, in compagnia di persone sconosciute ma leali, che lo avevano sostenuto nella sua folle idea di occupare Villa Luna. Ma soprattutto era felice perché vicino a lui c’era Marta. Ballarono insieme scatenandosi come due adolescenti ed entrambi volevano che il tempo si fermasse per sempre.

Poco prima della mezzanotte, si ritrovarono stanchi ma felici di fronte al piccolo presepe e quando scoccò l’ora, deposero il Bambinello nella piccola mangiatoia cantando Astro del Ciel.
Dopo aver stappato una bottiglia di spumante augurandosi Buon Natale, si ritirarono ciascuno nelle loro camere. Tranne Marta e Luciano che rimasero nella sala comune a bere un sorso di grappa dalla fiaschetta che la stessa Marta era riuscita a ritrovare nell’ufficio della Direttrice e che era stata di nuovo riempita da Luciano.
Erano seduti fianco a fianco su un divanetto. Marta prese la mano di Luciano e la tenne tra le sue.
«Sei sempre unico, Luciano. Non saremmo mai stati capaci di realizzare tutto questo senza di te. Siamo tornati tutti più giovani. Grazie davvero.»
«È stato il regalo di Natale che ho voluto fare a voi, ma anche a me stesso.»
Marta avvicinò il viso e gli diede un bacio sulle labbra.
«Dormi con me questa notte – gli disse sorridendo - Ma non ti mettere in testa cose strane. Vorrei solo dormire con te al mio fianco. Ho un letto grande.»
Luciano l’abbracciò stretta.
«Tranquilla. Non credo di essere più all’altezza di fare certe cose.»

Erano passate le 7, quando Marta si svegliò.
Rimase qualche secondo ancora insonnolita a fissare la luce esterna che filtrava dalla serranda. Poi si ricordò di Luciano. Si girò, ma non lo vide al suo fianco.
Si alzò e accese la luce del comodino. E quando vide la lettera le si inumidirono subito gli occhi.

Non aveva bisogno di leggere per capire che Luciano era andato via.

Non aveva bisogno di leggere per sapere che lui l’aveva sempre amata e che era ancora innamorato di lei.

Non aveva bisogno di leggere per sapere che era malato in fase terminale e che non lo avrebbe più rivisto. Il giorno prima, quando era entrata nella stanza della Direttrice a cercare la fiaschetta di grappa, aveva trovato il fascicolo di Luciano aperto sulla scrivania e aveva pianto.

Non aveva bisogno di leggere per sapere che Luciano era grato a lei e agli altri per aver vissuto insieme l’attesa del Natale.

Gaetano Taverna

 

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