Vide 'o mare

L'ansia del derby tra Roma e Lazio vissuta a Capri.

Roma - sabato 28/04/01

È sabato mattina e manca ancora un giorno e mezzo al derby.
Mi guardo allo specchio e non mi piace quello che vedo. Oltre a una trepidazione che ritengo normale per un tifoso medio, si unisce uno stato d’animo direi abbastanza complesso nel suo insieme. Una sorta di disagio e di frustrazione che non riesco a nascondere e che probabilmente non mi fa apparire al momento molto disponibile al dialogo o comunque ai rapporti relazionali.

Ma, dico io, proprio in questi giorni dobbiamo andare a Capri con tutta la sacrosanta famiglia per festeggiare i compleanni dei suoceri?
Ripenso a quando mia moglie mi aveva proposto la cosa e io, ingenuamente, le avevo risposto che non ci sarebbero stati problemi.
Ritengo di avere in genere una buona memoria, ma evidentemente qualche neurone cerebrale in quel momento aveva eseguito un’operazione non valida ed era stato terminato, in quanto nulla mi aveva fatto sospettare della coincidenza malefica tra le date scelte dai suoceri e la data del derby.

Quando dopo qualche giorno il neurone in questione era entrato in esecuzione automatica, di improvviso era arrivato il dramma.
Di istinto avevo provato a cercare qualche scusa attendibile per evitare la trasferta caprese, ma il mio animo nobile mi aveva fatto ricordare tutte le sacrosante domeniche di quest’anno passate ad ammirare una magica Roma sempre vincente, costringendo la famiglia spesso a rinunciare alla mia presenza. Unendo anche la trepidazione di mia moglie nel tornare a Capri, l’aspettativa di mia figlia di otto anni nel poter stare tutti insieme per qualche giorno e la gioia di mio figlio di quattro anni per poter finalmente guerreggiare con me per più giorni consecutivi, mi ero alfine arreso non senza una punta di rammarico.Partiamo, e in treno esterno la mia richiesta di non contare su di me la domenica sera, anche se al momento non so proprio come fare per riuscire a vedere la partita.

Napoli - sabato 28/04/01

L’imbarco sull’aliscafo per Capri richiede di solito una discreta dose di pazienza e di rassegnazione. L’imbarco sull’aliscafo per Capri in un periodo come quello del ponte del primo maggio, con una famiglia al seguito con tanto di bambini, richiede, oltre alla suddetta pazienza e rassegnazione, una notevole dose di coraggio nonché sprezzo del pericolo.

Arriviamo che il pontile è già affollato e ci mettiamo in fila senza sapere se quella è la fila giusta. Mi consola un pensiero che si delinea in maniera molto chiara: qui a Napoli, sul pontile, in attesa dell’aliscafo per Capri, si è realizzato il sogno del socialismo. Siamo tutti uguali!

Qui non c’è distinzione sociale, distinzione economica, differenza di pensiero, di genere, del colore della pelle, di religione. Niente di tutto questo. Qui, siamo tutti uguali e tutti godiamo in maniera totale dell’attesa, in fila sotto il sole, dell’ambito aliscafo che poi prenderemo arroccandoci tutti insieme sulla scaletta e prendendoci a spinte per prendere i posti a sedere sulle poltrone. Poltrone che non avranno distinzione di classe e magari saranno anche sporche e forse anche mezze rotte e che dovranno per forza essere utilizzate da tutti perché non si può rimanere in piedi. Evviva l’uguaglianza!

Capri - sabato 28/04/01

Il sogno socialista, però, si smaterializza una volta arrivati a Capri, anzi a Marina Grande.
Qui si evidenziano subito le differenze di classe: la massa prende la funicolare per salire, l’élite invece prende il taxi, ovvero macchine decappottabili, regolarmente autorizzate al servizio, ma senza la presenza di un tassametro, che possono portare anche sette persone.
Che vuoi che sia, siamo in vacanza e poi paga papà.
Non è un problema di soldi, è solo quell’imbarazzo nell’essere osservati da tutti quando ci sali sopra e quando poi ci scendi.
E va bene!
Eccoci arrivati nella mitica piazzetta. Capri ha un’unica piazza, il cui nome si ormai perso nel passato. Forse qualche residente anziano lo saprà. Poco importa, perché il nome per tutti è la piazzetta, molto carina, a dire il vero, se non fosse che è ormai è quasi totalmente occupata dai tavolini dei bar.

Arriviamo in albergo e anziché chiedere le chiavi della stanza o se i bagagli sono arrivati, chiedo se lì è possibile vedere il derby. Ovviamente la risposta non poteva che essere la peggiore: abbiamo il decoder rotto!
Si va a pranzo al ristorante che conosciamo e lì riesco a calmare la mia frenesia: hanno il decoder funzionante e hanno già organizzato la serata del derby! Il titolare, nel sentire che sono romanista, mi guarda comunque un poco strano: faccio finta di niente, ma rimango perplesso per quello sguardo. Non posso sapere ancora cosa mi aspetterà la domenica sera.

Capri - domenica 29/04/01 sera - Primo tempo

Mi concentro sulla partita, ma vengo distratto da qualcosa che fino a quel momento non avevo percepito. All’inizio della serata, la sala si era riempita di persone distinte ed educate. Ora le stesse si sono trasformati in tifosi accaniti e urlanti. A parte loro, c’è anche una coppietta che rimane tranquilla a cenare e a sorridersi.
Ho un sospetto atroce e mi fa temere il peggio. Le urla e gli insulti rivolti verso Totti quando tocca la palla mi confermano il sospetto: la sala brulica di tifosi della Lazio! Li osservo bene adesso, hanno tutti la stessa faccia snob del caprese benestante, con abbronzatura ad hoc, braccialetti d’oro, rolex al polso, diamantino all’orecchio. Non solo sono gli odiosi snob di Capri, ma sono anche laziali. Ma perché? Che ci azzeccano qui a Capri??
Si avvicina il titolare e mi svela l’arcano.
Qui a Capri sono tutti o del Napoli o della Juve. Siccome il Napoli è quasi in serie B, anche quelli del Napoli tifano Juve. E siccome nel derby c’è la Roma, da sempre antagonista della Juve, tutti tifano Lazio.
Ovvio, no? Perché non ci ho pensato prima?
Bene, mi dico, se vogliono la guerra, che guerra sia.
Pensano che lì ci siano solo tifosi della Lazio? Pensano di poter insultare i miei eroi senza pagare pegno? Adesso li sistemo io.
Come prima azione, accendo il mio mezzo sigaro toscano e comincio ad affumicare l’ambiente. Qualcuno mugugna. Poi alla prima occasione libero i miei freni inibitori esternando fortemente il mio tifo. Adesso mi sono scoperto. Gli sguardi non sono molto concilianti, ma non m’importa.
Alla fine del primo tempo la sala si riempie anche di diversi invitati di un matrimonio che si sta festeggiando in una sala accanto.  Indovina per quale squadra tifano?

Capri - domenica 29/04/01 sera - Secondo tempo

La sala si riempie ancora di più. I presenti, esclusa la coppietta che continua, non so come, a rimanere appartata cenando e sorridendo, urlano come ossessi. Io rimango in silenzio anche per un mal di testa martellante.

Poi, all’improvviso, la goduria!
Al secondo minuto Delvecchio parte sulla sinistra e mette in mezzo per Batistuta: mi alzo in piedi mentre la sala si ammutolisce. Quando la palla si infila tra la mano di Peruzzi e il palo non perdo tempo a strabiliarmi per la bellezza del gol e offro ai presenti la potenza generazionale delle mie corde vocali. Subito mi accorgo che qualcun altro sta urlando: è la coppietta che, sorniona, fino ad allora aveva fatto finta di niente e ora i due si scoprono per due tifosi della magica Roma!

Non faccio in tempo a ricompormi, che Zanetti lancia sulla sinistra per Delvecchio, che supera in velocità Pancaro, allunga il sinistro e mirabilmente tocca la palla come se al posto del piede avesse una bacchetta magica. Mentre la palla entra in rete si sente solo il mio urlo perché la coppietta non ha fatto in tempo a capire cosa è accaduto.
I presenti non osano guardarmi e la mia felicità è all’apice. Sì perché in quel momento non sta vincendo la Roma due a zero contro la Lazio, ma sto vincendo io due a zero contro gli odiati snob di Capri!
Dato che il tavolo dove sono seduto è in fondo alla sala, mi sento in diritto di avanzare di posizione sedendomi in prima fila. Come nel Risiko quando vinci e avanzi i carri armati del tuo colore.
Accendo il secondo mezzo sigaro, mi sento come Che Guevara con l’avana in bocca vittorioso nella rivoluzione cubana.
Ma come il Che subisco l’ironia del destino.

Il gol di Nedved è una mazzata, non tanto perché capisco che la Roma si sta distraendo, ma perché i presenti risorgono dal loro letargo con nuove urla e nuovi insulti in puro dialetto napoletano.
Altri invitati del matrimonio accorrono per vedere cosa è successo. Sono tutti ragazzi giovani. Uno è una specie di armadio 4 stagioni e si piazza praticamente davanti a me. Considerato che io non sono proprio un armadio, a mala pena posso essere considerato un comodino, quando lo chiamo “Ahò... giovane...” quello si gira e mi fissa. Sarà il sigaro in bocca a mo’ di Clint Eastwood in “Per un pugno di dollari”, sarà lo sguardo teso per la partita, fatto sta che il giovane si sposta timidamente chiedendo scusa.
I minuti passano, quanto manca? Il recupero, quanto? Cinque minuti. Improvvisamente mi ricordo dei minuti di recupero di Italia Francia agli Europei del 2000: anche allora il recupero era stato di cinque minuti. Evito il pensiero, ma la pressione arteriosa è ai limiti. Ormai non esistono inibizioni per nessuno e l’intero ristorante è come se non avesse altro da fare.
Il gol di Castroman al 95° è una bomba nucleare per le mie orecchie. Mentre rimango seduto impassibile con il mio sigaro fumante, i presenti, gli invitati del matrimonio, i camerieri, i cuochi, tutti, ma proprio tutti, urlano e danzano come forsennati. Sembra di assistere a una saga infernale. Guardo gli snob con disprezzo.

Esco dal locale ed è buio fuori.
La testa mi fa male davvero. Forse ho esagerato e ho messo a dura prova la mia pressione.
Mentre mi incammino verso l’albergo mi affaccio sul muraglione che dà su Marina Grande.
Guardo il mare del golfo di Napoli e le luci delle lampare delle barche dei pescatori. E non mi meraviglio quando comincio a cantare debolmente... Vide 'o mare quant''e bello...

Gaetano Taverna

 

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